In un mondo e in un periodo storico in cui spesso a gran voce si proclamano sostenibilità e attenzione al territorio e alla natura, senza poi che questo si traduca in atti concreti o in un impegno costante, abbiamo voluto, insieme ad alcune altre aziende della Franciacorta, sottoporci nel 2014 a un vero e proprio “esame” oggettivo della sostenibilità. Grazie a un modello di analisi sviluppato dallo Studio agronomico SATA di Rovato, abbiamo quindi potuto verificare il nostro livello di sostenibilità, pronti a mettere in discussione, nel caso, il nostro operato. Insomma, non ci bastava fare le cose bene. Volevamo essere certi che il nostro modo di agire producesse risultati davvero rilevanti per il nostro microcosmo, e che coltivare la vigna (e non solo) secondo metodi strettamente biologici portasse a un reale miglioramento del nostro ambiente. Una dovuta restituzione di ciò che la natura ogni giorno ci dona.
Facile non è stato, per niente. Applicare il Biopass richiede un lungo periodo di osservazione e un numero molto vasto e variegato di valutazioni, che hanno come oggetto privilegiato il suolo. E come poteva essere altrimenti? Tutto effettivamente comincia dal suolo, se il suolo presenta squilibri o se i microrganismi che lo abitano soffrono o si estinguono, tutto l’ambiente naturale correlato ne patirà. È la terra, generatrice e nutrice, quindi a essere messa sotto esame, attraverso criteri oggettivi, che non possono prescindere da una valutazione sensoriale iniziale. “Sentire il terreno” per riconoscerne la vitalità attraverso i sensi è il primo passo per una valutazione “a misura d’uomo” e quindi della vita più in generale: un metodo basato sull’esperienza che curiosamente ci riporta in linea con l’agronomo cinquecentesco bresciano Agostino Gallo che tanto ci è caro (e sulle cui teorie presto faremo un post).
Tra i criteri utilizzati per l’analisi del suolo, la presenza di rame, il monitoraggio della sostanza organica, la cui misurazione è una guida per continuare a migliorare, la presenza di lombrichi e artropodi. Da un lato, i lombrichi dicono molto della salute del suolo. Infatti, pur non essendo un indicatore così fondamentale in terreni vocati alla viticoltura, generalmente poveri e quindi più inospitali per loro, è pur vero che una concentrazione alta di questi animaletti nel terreno è un chiaro proclama di vitalità del suolo. Ancora più chiaro il nesso artropodi/salute del suolo. Dal momento che gli artropodi (collemboli, scorpionidi) sono esseri molto fragili, un terreno vessato ne vedrebbe una rapida scomparsa. Altro indicatore importante, la presenza di micorrize. Questi funghi sono sinergici alla pianta e non potrebbero sopravvivere in ambiente depauperato.
Tra gli altri indicatori, un posto speciale, almeno nel nostro cuore, lo riveste un esame chiamato cromatogramma, che misura la vitalità del suolo attraverso..un disegno compiuto dal terreno stesso (nella foto in alto un esempio di cromatogramma di CorteBianca). Appoggiando del terreno su un foglio di carta assorbente, si osserva la forma che vi rimane impressa e che, in qualche modo, diventa l’impronta digitale del terreno stesso. Questo esame, per quanto scientifico e assolutamente oggettivo, riveste per noi quasi un significato filosofico, diventando un po’ il simbolo di tutto il Biopass. Il suolo è un elemento vivo, vitale e mutevole. Comunica la sua salute, in qualche modo ci parla.
I risultati di tutta l’analisi del Biopass, molto lusinghieri per CorteBianca, ci spingono a continuare in questa direzione e a credere sempre con più forza nel nostro lavoro di viticoltori biologici. Perché ci sentiamo immersi in un flusso di reciprocità e di mutua dipendenza dal territorio di cui ci prendiamo cura ogni giorno, e sapere il nostro terreno in salute è un po’ come rafforzare nuovamente le basi del nostro impegno. Perché, insomma, proprio tutto nasce dalla terra.