Ci sono aspetti soggettivi, nel rapporto con la natura, che sono espressione del pensiero, dell’animo e della sensibilità di ognuno.
Potrebbero rappresentare l’intima soddisfazione, l’appagamento interiore di ogni persona di fronte al suo ruolo, attivo o passivo al cospetto dei fenomeni nel cosmo.
Quando più soggetti, un gruppo di esploratori, di studiosi, di artisti, un team di lavoro o un insieme di produttori, si trovano a far convergere i propri interessi e condividerne i propositi che ne derivano, la visione d’insieme supera il limite della soggettività e diviene opportunità oggettiva e condivisa.
Il ruolo dell’uomo diventa attivo nei confronti della natura e della sua stessa cultura.
L’origine di CorteBianca è caratterizzata da una condivisione del criterio della “misura d’uomo”, del rispetto dei tempi e dei sensi a nostra disposizione, e di un concetto armonico della sostenibilità, da parte di ogni attore che ne sia coinvolto. L’interpretazione soggettiva dell’armonia è quindi stata fondata su basi oggettive, scientifiche persino, per individuare le strategie operative più consone a valorizzare abitazione, produzione, paesaggio.
Non poteva, quindi, che “nascere bio”, fin dalla prima riscoperta di un ambiente riservato e raccolto, apparentemente in abbandono ma forse piuttosto in attesa di cultori che lo riportassero in vita.
La condivisione che ha conferito al progetto una verità dimostrabile è partita da Marina e Mauro, per poi espandersi ad operatori del restauro e del decoro, quindi agronomi, enologi, botanici, e poi ancora artisti, fotografi, artigiani, cuochi.
La volontà primaria è comprendere con sicurezza quale sia il percorso ideale per produrre, cogliere, trasformare, consumare, mantenendo fuori dall’oasi ogni chimica di sintesi, ingegneria genetica, forzatura di ogni genere, fin dall’inizio.
Materiali, contesti, erbe, piante e suolo sono indagati con metodi internazionalmente riconosciuti, ed i risultati sono interpretati con l’esperienza, ed un po’ di soggettività, con rispetto, per lasciare all’uomo la sua natura ed espressività.
Il suolo, soprattutto, è il fulcro del sistema. La vite è la coltura principale; la biodiversità che caratterizza il contesto è alleata di fondamentale importanza.
È la biodiversità che ingloba i parassiti ma ne limita diffusione e pullulazione lasciando loro confini limitati, che consente nel contempo spazi accoglienti agli organismi utili, che comprende pronubi spontanei, api allevate, attivi elaboratori di humus nel terreno, fragilissimi e delicati microrganismi che non potrebbero mai vivere in un ambiente contaminato, vessato, non perfettamente conservato.
“Nati bio”, quindi, non sono tali solo per rispetto di una regola: la precedono, ricercano, esplorano, ne implementano norme di comportamento e conduzione; e non si isolano con i risultati delle loro esperienze, ma le condividono con colleghi, consumatori, appassionati, contribuendo all’evoluzione di cultura, bellezza, gusto, rispetto, salute.
Da questa condivisone è sorta una sorprendente, confortante constatazione oggettiva: sempre, e in ogni sito, la vigna che produce i migliori frutti, giace su un suolo più “biodiverso” rispetto al resto del contesto produttivo.
La qualità, insomma, e si ottiene con la vitalità del suolo.
Pierluigi Donna
Agronomo